Di Fabio Cortese
Negli ultimi giorni, la perfetta sintonia tra il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha suscitato reazioni contrastanti. In tempi normali, l’armonia tra il mondo industriale e quello politico potrebbe essere vista come un segnale positivo per il Paese. Tuttavia, questi non sono tempi normali e la revisione dei principi del Green Deal europeo, proposta da entrambi i leader, ha scatenato preoccupazioni tra coloro che vedono nella transizione ecologica e tecnologica un passaggio imprescindibile per il futuro.
Il Green Deal, una delle pietre angolari dell’agenda europea per affrontare il cambiamento climatico, prevede una trasformazione radicale dei modelli produttivi entro il 2035, con il divieto dei motori a combustione interna. Tuttavia, il recente dibattito sulla possibile posticipazione di questa scadenza solleva dubbi sulla capacità dell’Italia e dell’Europa di abbracciare una visione industriale sostenibile.
Il Rischio della Retromarcia sul Green Deal
Le affermazioni del governo italiano, che sembrano voler frenare l’attuazione del Green Deal, si scontrano con la necessità di innovazione che, secondo l’ex premier Mario Draghi, è l’unica via per mantenere la competitività globale. Nel suo noto “memorandum”, Draghi ha sempre sottolineato l’importanza di una strategia europea unitaria, capace di affrontare le sfide economiche e sociali poste dalla crisi climatica e dalla competizione internazionale.
Gli Stati Uniti e la Cina, nonostante abbiano anch’essi ereditato modelli industriali tradizionali, stanno investendo ingenti risorse in nuove tecnologie, con l’obiettivo di preservare la produzione e l’occupazione. In Europa, invece, sembra prevalere un atteggiamento conservatore, che vede il cambiamento come un pericolo anziché come un’opportunità.
La Transizione Industriale: una Sfida Necessaria
Guardando alla storia, è evidente che ogni rivoluzione industriale ha richiesto uno sforzo collettivo per adattarsi e progredire. Dalla bicicletta al motore a scoppio, dalle candele all’elettricità, ogni salto tecnologico ha portato con sé nuove opportunità. Tuttavia, oggi la sfida sembra essere più complessa. La scienza ci avverte dell’urgenza di agire contro i cambiamenti climatici, ma le risposte politiche sembrano più orientate a preservare l’equilibrio attuale che a preparare il terreno per il futuro.
Eventi climatici estremi, come le recenti inondazioni in Emilia Romagna, evidenziano la gravità della situazione. Nonostante ciò, una parte significativa della politica continua a vedere il Green Deal come un ostacolo piuttosto che una soluzione. Questo approccio, come sottolineato dall’economista Enrico Letta, rischia di rallentare l’adozione di modelli di economia circolare e di tecnologie sostenibili, indispensabili per il progresso industriale.
L’Innovazione come Motore del Futuro
Nonostante le resistenze, il dibattito sull’innovazione resta al centro della discussione politica. Il settore automobilistico, tradizionale pilastro dell’industria europea, è in crisi. Colossi come Volkswagen faticano a mantenere i livelli di vendita del passato, a causa della transizione verso l’elettrico e della crescente concorrenza globale. L’Italia, da parte sua, deve scegliere se rimanere ancorata a modelli produttivi ormai superati o abbracciare la rivoluzione verde.
La politica conservatrice, alimentata dalle forze populiste in Europa e nel mondo, vede nel Green Deal un nemico da combattere, puntando sul mantenimento dello status quo economico. Tuttavia, come evidenziato dagli esperti, tale approccio non potrà garantire la prosperità a lungo termine. Al contrario, il futuro del pianeta dipende dalla capacità di innovare, investendo in energie rinnovabili come il fotovoltaico, la geotermia e l’idrogeno.
L’Italia e l’Europa si trovano a un bivio. La resistenza al Green Deal può sembrare una scelta politica vantaggiosa nel breve termine, ma rischia di compromettere la capacità del continente di competere su scala globale. Come sottolineato da Mario Draghi, solo una strategia unitaria, che coinvolga pubblico e privato, potrà garantire un futuro sostenibile. La scienza, l’innovazione tecnologica e la cooperazione internazionale devono essere i pilastri su cui costruire una nuova visione industriale. Il mondo non può più permettersi di rimandare: il tempo di agire è adesso.