CC23 Magazine Editoriale- Crisi Climatiche e Migrazioni

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Inutile  girarci intorno, i numeri ci mostrano la drammatica realtà che in molti, troppi, fanno finta di non vedere e quindi   di non voler affrontare in maniera drastica come si dovrebbe. Parliamo di   milioni di persone costrette a migrare dalle proprie dimore per colpa di eventi climatici estremi che ne hanno annullato le risorse vitali e parliamo di cibo, abitazioni, moria di bestiame, allagamenti o siccità, le due facce estreme di una realtà contraddittoria e drammatica, le cifre le forniscono agenzie delle nazioni unite o istituti scientifici che ci dicono senza mezzi termini che da oggi al 2030 sarà necessario rispettare i parametri per l’abbassamento della temperatura di 2 gradi e mezzo come deciso dal summit di Parigi e ribadito da quello recente di Dubai e l’allarme degli scienziati del clima è purtroppo ribadito dal l’Uhncr l’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati che vede crescere sempre più il numero di persone costrette a migrazioni per pericolo di vita dovuto ,in questo caso, non a guerre ma ad insostenibili condizioni di vita nei territori da loro sempre abitati.

Stiamo in pratica parlando del futuro dell’umanità che dipende in gran parte dalla crisi climatica ed ambientale che stiamo subendo, quasi passivamente, nonostante attestati di buona volontà da parte dei governi mondiali e l’allarme sempre più pressante del mondo scientifico.

Sono questi prossimi5 anni che abbiamo davanti a diventare cruciali per avere una buona possibilità per frenare il surriscaldamento globale…secondo gli studi sul clima possiamo sostenere il picco delle emissioni climalteranti solo fino al 2025 per poi diminuire di almeno il 43 per cento entro il 2030 per essere in traiettoria con il contenimento del surriscaldamento del pianeta….e purtroppo l’obiettivo non sembra facile soprattutto in considerazione che i governi mondiali non sembrano troppo preoccupati di affrontare la situazione in modo deciso….i risultati elettorali europei ci dicono che il green deal annunciato sarà sicuramente ridimensionato in virtù di logiche politiche di matrice sovranista che sono nettamente contrarie a politiche verdi e si appellano ad un sopravvalutato buonsenso (ma di chi poi?) e che trovano facile appeal nella pancia dei cittadini più attenti all’oggi piuttosto che al domani, così come l’ipotesi di Trump come nuovo presidente usa fa presagire una scarsa attenzione ai progetti di sostenibilità ambientale. Con promesse elettorali ai petrolieri finanziatori della sua campagna…per non parlare della Cina che produce si tecnologia per la transizione, ma per scopi commerciali mentre continua a utilizzare i vecchi combustibili fossili per produrle, così come il resto del mondo dall’india, al Brasile, all’Indonesia dove parlare di transizione e sostenibilità non è contemplato….appare quindi inderogabile affrontare questo problema senza tentennamenti anche perché ,come visto ,non sembra che il contenimento sul riscaldamento vada nella giusta direzione. A Dubai si è parlato di un punto di svolta perché i dati ci dicono che sarà difficile mantenere l’aumento della temperatura entro i 2,4 gradi ed importante sarà sottoscrivere anche una sorta di patto di solidarietà tra paesi industrializzati ed emergenti per non fermarsi al 2030,ma proseguire verso l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050.

E non pensiamo che qui da noi in Italia le cose vadano meglio, infatti secondo i dati dell’osservatorio “città clima “di Legambiente  l’Italia è tra i paesi al mondo di maggiore vulnerabilità. Gli eventi climatici estremi dal 2023 sono aumentati del 135 per cento rispetto al 2022 e nel sud del mondo questi fenomeni sono una costante.

Ma finora abbiamo parlato di quello che dovremmo fare per il bene dell’umanità, quasi un voler porre le basi per il mondo che vorremmo ma la realtà è drammaticamente un’altra come abbiamo accennato all’inizio, una realtà che vede milioni di persone in viaggio per sopravvivere, non per vivere come sarebbe naturale, milioni di persone che vivono in territori allagati o totalmente privi di acqua, una contraddizione esasperata che produce contraccolpi in ogni zona del pianeta e infatti i fenomeni migratori sono un effetto che il mondo con difficoltà riesce a contenere e controllare…con un unico denominatore comune, la disperazione, e infatti secondo uno studio della banca mondiale entro il 2050 almeno 216 milioni di persone sarebbero costrette a migrare a causa del cambiamento climatico…in africa sud sahriana quasi 90 milioni di persone, il 4,2 per cento della popolazione mondiale, 50 milioni in Asia orientale e nell’area del pacifico  per finire con 40 milioni in Asia meridionale, con la conseguente necessità di migrazioni di massa…in africa settentrionale si prevede che si muoveranno circa 20 milioni di individui per mancanza di acqua, terre sommerse da una parte, totale mancanza di risorse idriche dall’altra, una contraddizione ancora una volta drammatica perché la fuga porta altre conseguenze come la morte per le difficoltà estreme dei viaggi di spostamento e a nuove forme di schiavitù durante le peregrinazioni o addirittura ,una volta raggiunta la terra promessa per riuscire a sopravvivere, e ne sappiamo qualcosa anche noi nella nostra civile Italia con i recenti casi di caporalato.

l mediterraneo è diventato una sorta di cimitero per le tante vittime di naufragio o di abbandono in mare. Sappiamo che il loro numero si avvicina pericolosamente alla soglia dei 3000. Ma non sappiamo quanti non siano sopravvissuti lungo le rotte  nel deserto o nei centri di raccolta disumani nei quali finiscono prima dell’ultima tappa, cosi come succede nel pacifico dove la terra promessa è l’Australia così difficile da raggiungere e in tutto questo ci si mettono le politiche migratorie dei paesi di accoglienza che si comportano in maniera respingente il più delle volte, anziché provare ad attuare una politica comune che possa controllare e ottimizzare il fenomeno. Anche perché di mano d’opera ce ne è sempre un maggior bisogno, un fenomeno che è ormai globale e che potrebbe diventare un positivo paradosso se fosse compreso nella sua interezza, perché appare sempre più evidente che la catastrofe dei fenomeni migratori indotti e causati dai cambiamenti climatici potrà essere tenuta sotto controllo solo con una decisa lotta agli stessi cambiamenti del clima, senza l’uno non risolvi l’altro, una sorta di guerra tra poveri dove in gioco è la salvezza del pianeta e dell’umanità, senza mezzi termini. Inutile girarci intorno come abbiamo detto all’inizio, i numeri ci mostrano la realtà sono numeri che indicano gradi di calore, ma anche numero di morti. Sono numeri che indicano anni, ma anche numeri milionari di popoli in cammino che con la fuga hanno solo una possibilità di sopravvivenza e il mondo civile deve rispondere. Ma come? Questo è il vero problema l’umanità è in grado di affrontare sfide che parlano di sacrifici e nuovi stili di vita? O è più facile respingere la folla di disperati che bussa gridando  ho fame?  Non sono scenari apocalittici di film fantascientifici, siamo di fronte al una realtà vera che il mondo civile non riesce a comprendere, perché il caldo lo combattiamo con l’aria condizionata e la sete con le bottiglie di plastica dell’acqua minerale, per noi  il clima sono le previsioni meteorologiche e non il caldo che ti lascia inerte, la fame è il piacere di entrare in un supermarket e prendere quello che vogliamo e non guardare il cielo coprendosi gli occhi e aspettare un pacco di aiuti sollievo di un giorno. A  questo bisogna  cominciare a pensare in modo serio, concreto reale. A questo devono pensare i governanti a livello mondiale; eppure viviamo di guerre, di missili e bombe, di colloqui di pace e di dietrofront, l’economia mondiale non trova soluzioni per combattere povertà e fame e si attorciglia su disquisizione politiche in cui anche le ideologie sono scomparse per lasciare spazio a umori e teorie addirittura antiscientifiche, il mito della solidarietà resta appunto tale, poi scoppiano epidemie mondiali e altre se ne annunciano come possibili, sulle città del vecchio continente si scatenano tuoni, fulmini e saette che mandano in tilt la vita di ogni giorno, i fiumi impazziscono vorticando per le strade e in altre parti del continente le città d’acqua rischiano di essere sommerse, mentre in altre i pascoli bruciano, i boschi divampano e l’agricoltura langue stremata dalla siccità. E allora come un pugno in faccia ci arrivano le immagini delle vaccarelle pelle e ossa  e senza latte e il ventre gonfio dei bambini africani vittime della fame  e delle malattie, e capiamo che dobbiamo fare qualche cosa e che l’agricoltura per sfamare le popolazioni non vuole solo pesticidi per ingigantire i profitti di pochi farmer, che la natura ha bisogno di spazi per riprodursi con i suoi cicli vitali e che ogni abitante della terra deve essere messo in condizione di vivere dignitosamente. E queste immagini che fanno paura, anche alle coscienze, diventano timori anche nella civiltà del benessere e le disgrazie di alcuni, ecco il paradosso, possono diventare lo stimolo per capire una volta per tutte che il cambiamento è necessario e che è il momento di scelte drastiche e speriamo che in Europa e in Italia, si smetta di pensare che le parole ambiente e sostenibilità siano delle avversità ma i traguardi da raggiungere. Perché dal mare non basteranno le vedette delle capitanerie di porto o dai valichi alpini le guardie di confine per frenare l’onda della disperazione e ogni paese a rischio, in africa, in Asia, in Medioriente o in America del sud o vicino ai ghiacci che si sciolgono., deve augurarsi che magari anche l’intelligenza artificiale possa dare una mano a cambiare

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