Negli ultimi anni, il termine “ineluttabile” è diventato una delle parole più utilizzate nei dibattiti scientifici ed economici globali. Questo aggettivo, accompagnato dal sostantivo “ineluttabilità”, è spesso associato alla tragica e inevitabile necessità di contrastare gli effetti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici. Che si tratti di ondate di calore, siccità prolungate, piogge torrenziali o, in alcuni casi, freddi estremi, l’impatto degli eventi atmosferici estremi è ormai evidente e costante in tutto il mondo.
I segni di un cambiamento inarrestabile
Il termine “grande” si associa sempre più frequentemente a questi fenomeni. “Grande caldo”, “grande siccità”, “grande pioggia” e distruzioni di paesaggi e centri abitati sono realtà con cui molte regioni del mondo si stanno confrontando. La vera preoccupazione deriva dall’incapacità dell’uomo di esercitare un controllo anche minimo su questi eventi. Fenomeni climatici estremi si diffondono su tutti e cinque i continenti come una macchia d’olio, colpendo indifferentemente territori e popolazioni.
Di fronte a questa realtà, convegni su biotecnologie, bioagricoltura, urbanizzazione e mobilità cercano di guardare al futuro con la speranza che un declino ambientale sempre più marcato possa essere arginato. Tuttavia, il consenso generale è che l’attuale modello industriale, con il suo incessante sviluppo, non sia più sostenibile né in grado di mitigare gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici.
La transizione energetica: una strada ancora lunga
Le date chiave per la transizione energetica sono vicine, ma il percorso verso una vera trasformazione sembra ancora lontano dall’essere tracciato. Nonostante l’attenzione rivolta al Green Deal e alle iniziative per uno sviluppo più sostenibile, queste proposte spesso generano reazioni contrastanti, talvolta addirittura di fastidio o scetticismo. Cambiare il modello di sviluppo globale in tempi brevi non è realistico, eppure è urgente ripetere, come un mantra, che questa trasformazione è ineluttabile.
Non è catastrofismo, è realtà
Accettare la necessità di cambiare il nostro stile di vita non significa essere catastrofisti, come ancora qualcuno sostiene, ma riconoscere che un nuovo modello culturale è l’unica via d’uscita. Le bombe d’acqua, l’innalzamento dei mari e l’aumento della siccità sono fenomeni contraddittori che stanno dimostrando la gravità della situazione. La paura degli allarmi climatici non dovrebbe paralizzare l’industria, la politica e l’economia, bensì motivare una rivoluzione culturale e tecnologica.
Il ruolo della scienza e il pericolo dell’ignoranza
È necessario, quindi, che non solo gli scienziati e i ricercatori si facciano carico di trovare soluzioni, ma che anche il mondo politico ed economico partecipi attivamente a questa nuova rivoluzione. Ignorare questi segnali, come fanno coloro che alimentano teorie complottiste e pseudo-scientifiche, equivale a un atto di imbecillità collettiva. Purtroppo, il numero di “neopensatori” che negano la crisi climatica o sostengono teorie cospirazioniste è in crescita. Questo atteggiamento, radicato nell’ignoranza, rappresenta un pericolo tanto quanto i fenomeni climatici stessi.